lunes, 9 de septiembre de 2019

La mia esperienza lungo il Cammino di Santiago



 Dal 20 al 28 luglio, come giovani suore in formazione, abbiamo percorso il Cammino di Santiago, lungo il tratto portoghese, con un gruppo di giovani e con i Frati Minori Conventuali di Spagna e Portogallo.
Siamo partiti da Tui, al confine con il Portogallo e abbiamo camminato per sei giorni, circa 20 km al giorno, trovando ospitalità nei vari paesi lungo il cammino e pernottando nelle palestre. Ogni giorno partivamo al mattino presto e, dopo un paio d’ore di cammino, ci riunivamo per un momento di catechesi; poi ripartivamo in silenzio e, una volta arrivati, avevamo tempo per pranzare, lavarci e riposare. Nel tardo pomeriggio ci riunivamo per celebrare l’Eucaristia e vivere un altro momento di catechesi e di preghiera; infine dopo cena avevamo un po’ di tempo libero e concludevamo la serata con un ultimo momento di preghiera insieme.
                   Potevamo camminare insieme, ma anche da soli… questo mi ha dato la possibilità di fare molto silenzio e di ascoltare molto: ascoltare l’altro, ma anche me stessa, trovando il mio passo, percependo il mio corpo, il mio respiro, la stanchezza dei muscoli, l’andamento dei pensieri. Si crea un silenzio ritmato dai passi, accompagnato dalla natura: uno spazio in cui anche Dio e l’altro possono entrare.






Ma la fatica fisica o il dolore ai piedi mi hanno fatto anche rendere conto di quanto gli altri siano importanti: qualcuno che ti aspetta e cammina al tuo passo, qualcuno che semplicemente ti chiede “Come va?”, chi ti presta una pomata, chi una fascia per alleviare il dolore... Una signora, incontrata lungo il cammino, voleva regalarmi i suoi sandali, perché aveva visto che i miei erano consumati… Non si è mai soli!
Le persone che si incontrano sono molte: gruppi di giovani, allegri e veloci, o adulti e anziani soli che hanno deciso di mettersi in cammino, ciascuno con una propria motivazione. “Buen Camino! Ultreya!” Con questo saluto ci sentivamo tutti, davvero, sulla stessa strada, uniti dalla stessa fatica e dalla stessa meta.
                     Lo zaino che pesava sulle spalle (e che negli ultimi giorni ho lasciato portare in pulmino per una caviglia gonfia!!) mi ha insegnato ad essere essenziale: tante cose che ci portiamo dietro e che crediamo necessarie forse non servono. Anzi, meglio liberarsene! E questo vale anche per il cuore… a volte ci portiamo dietro pensieri, preoccupazioni, aspettative che dentro ci occupano spazio e ci appesantiscono il cammino. Lo zaino insegna a distinguere ciò che è davvero necessario e ciò di cui possiamo fare a meno.
E poi c’erano le frecce gialle ad indicarci sempre la strada: è impossibile perdersi! Basta alzare la testa e guardarsi attorno, avere un atteggiamento attento alla realtà che ci circonda, fidandosi dei segni.
                    E infine l’arrivo a Santiago! Anche se la Cattedrale era in ristrutturazione abbiamo potuto abbracciare la statua di San Giacomo e pregare davanti alla sua tomba. A lui, il primo degli apostoli che ha dato la vita per il Signore, abbiamo potuto affidare il cammino percorso e quello futuro, a lui abbiamo potuto chiedere di insegnarci ad annunciare con schiettezza e semplicità il Vangelo, di giocarci la vita, di essere discepoli autentici nella consapevolezza della nostra umanità povera e fragile.
                   
                    E per finire Finisterre… che non è la fine del cammino! Ma proprio da lì il nostro cammino riparte, il pellegrinaggio continua, verso la meta alta e bellissima della santità, attraverso le strade feriali della nostra vita, con uno zaino più leggero, la certezza di non essere soli e lo sguardo attento ai segni… 

Suor Daniela 
Clarissa Francescana Missionaria del SS. Sacramento

¡Ultreya!  ¡Suseya!

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